I fatti, nudi e crudi. Il collega Giuseppe Fera, mesi fa, crea un gruppo facebook per sensibilizzare gli avvocati italiani contro la vergognosa prospettiva che la Cassa di Previdenza Forense aderisca al cosiddetto fondo “Atlante 2”. In poche settimane, grazie anche all’impegno di molti tra noi, ma soprattutto grazie alla figura del collega Fera, alla sua riconosciuta serietà e credibilità, oltre che al suo straordinario impegno, il gruppo arriva a contare oltre tremila avvocati, tutti indignati e contrarissimi a quella scellerata iniziativa. La battaglia va avanti, tra silenzi, smentite, tentativi di accordi sotterranei, fino a quando “parrebbe” che la Cassa di Previdenza Forense debba rinunciare “all’affare”, non senza che il suo n. 1 esprima pubblicamente la sua stizza per la “demagogia” che avrebbe sorretto la nostra lotta.
Durante quella lotta, ancora una volta, gli aedi e i ciambellani del regime, i poveri simulacri istituzionalizzati, si sono visti impotenti ad operare la solita opera di propaganda, in favore dei propri padroni, i dispensatori di crocchette che li nutrono. Ciò nonostante, i tentativi di far sparire quella voce critica e libera continuano, tra richiami all’inutilità del gruppo, effettuati da individui ripugnanti e più inutili di ogni forma di inutilità, e flebili accenni al “superamento” della questione. Per fortuna il collega Fera non molla la presa. Con un’opera encomiabile, silenziosa, di vero servizio a noi tutti, per mesi continua a raccogliere materiale che riguarda la situazione delle Banche italiane in sofferenza, dei fondi ideati per salvarle, delle connivenze tra enti previdenziali e politica, in nome del sostegno al “sistema paese”, che di fatto è solo un modo di far girare il danaro che deve oliare “il sistema”.
“No ad Atlante 2” diventa dunque un momento di denuncia, di inchiesta, una sentinella al servizio dei colleghi, grazie a cui si tenta di fare luce sul mondo, opaco e squallido, del cosiddetto “welfare attivo” propagandato dalla Cassa Previdenziale Forense. Il tutto mentre migliaia di colleghi, stremati dalla crisi irreversibile dell’avvocatura di massa, strozzati da oneri previdenziali insostenibili e da una professione fatta da sempre maggiori vincoli ed oneri e sempre minori possibilità, vivono un esodo drammatico, un lento stillicidio di cancellazioni dal nostro Ordine, che viene ignorato o sbeffeggiato dalle istituzioni forensi, e a cui la Cassa di Previdenza oppone elemosine, briciole di denaro estorto dai contributi obbligatori e redistribuito con fare da Mecenate dal suo Augusto Presidente e dai suoi accoliti, quei delegati dalle età venerande e dalle indennità cospicue, che costituiscono una consorteria al servizio dei colleghi, di “alcuni” colleghi, ovvero di se stessi.
Si giunge al 16 dicembre 2016. “No ad Atlante 2” fa scoppiare lo scandalo: la Cassa previdenziale degli avvocati si è aumentata stipendi e gettoni, indennità e prebende. La rabbia e la protesta dei colleghi, l’indignazione, montano subito e altrettanto subito si levano le voci dell’immondizia annidata nel sistema.
“Ma noi lavoriamo tanto… non possiamo farlo gratis, o potranno farlo solo i ricchi”, dicono alcuni.
Anche noi lavoriamo tanto per i colleghi e non ce lo ha chiesto nessuno. Lo facciamo per spirito di servizio e se è vero che quegli incarichi sono incarichi gravosi è anche vero che vengono assunti in modo del tutto volontario. Perché non lasciate che a svolgerli non siano avvocati ricchi, ma animati da vero spirito di servizio, piuttosto che fare di tutto per continuare a “sacrificarvi” per sempre?
Questa retorica del “sacrificio”, per cui le indennità arbitrarie e le prebende che i padrini dell’avvocatura si concedono, si ritoccano, si adeguano… il tutto commisurato unicamente ai propri famelici appetiti, sia “funzionale” all’avvocatura è davvero intollerabile. Nessuno vi ha chiesto questo sacrificio. Non siete affatto indispensabili, anzi… a dirla tutta siete dannosi. Avete trasformato i vostri incarichi, che dovevano essere onorifici, in una macchina da soldi, che vi serve per sostituire alla vostra “presunta” attività professionale, quella politica.
Vergogna!